In ogni stanza del sito c'è posto per una serie di consigli di lettura coerenti ai temi trattati. Chiunque ha facoltà di proporre e motivare i propri titoli.
’LA VITA DI CHI RESTA’ di Matteo B.Bianchi, Mondadori Il suo ex compagno si uccise. La tragedia avvenne nel novembre 1996. Il libro - autobiografico - illustra la convivenza con il dolore per un lutto diverso dagli altri lutti. Ma anche una raggiunta schiarita. Bianchi solo dopo anni ha scritto circa questa tragedia esperita sulla propria pelle ma in questo lungo lasso di tempo si è ’districato’ da sè, dall’angoscia, dal ginepraio doloroso in cui la sua vita si era [...] Leggi tutto...
Ho cominciato ad attingere da questo scaffale prezioso alcuni libri: per ora ho letto Il male di esistere di Vittorio Orefice. É un libro un po’ datato quindi alcuni dati che riporta non sono aggiornati ma a me ha interessato piú che altro la sua testimonianza riguardo la vicenda di sua nipote Alessandra, giovane suicida, e gli stralci di alcune lettere di lei. Mi sono ritrovata in molte frasi pronunciate da Alessandra. Non so dire se mi sono sentita piú rincuorata dalle espressioni [...] Leggi tutto...
Il professore Cassano che è stato primario del reparto psichiatrico dell’ospedale di Pisa ha scritto un libro che mi è...stato di grandissimo aiuto anche perché si rivolge ai parenti della persona depressa dicendo loro che devono considerare la persona Depressa come qualcuno che si è rotto una gamba...quindi è sbagliato dire a un persona che soffre del male oscuro..dai forza dipende da te..mettici la volontà..credo che si intitoli ,"Il male oscuro"
Brilla una stella, Danielle Steel, ed S&K. È un romanzo che racconta la vita di uno dei suoi figli prematuramente deceduto per suicidio. Molto toccante.
Daniele Steel, Brilla una stella, ed S&K
Segnalo ,tra i tanti libri che ho letto sull’argomento,questa testimonianza veramente toccante. Scritto dal nonno, il giornalista Vittorio Orefice, racconta la struggente storia della nipote morta suicida per depressione.Non so se è ancora in commercio ma lo consiglio vivamente.Il male di esistere,Vittorio Orefice, Mursia ed. Orefice era una persona squisita, gli scrissi per complimentarmi e lui mi rispose subito ringraziandomi e dicendo che aveva in mente un seguito, purtroppo non uscito a [...] Leggi tutto...
Non un libro - anche se poi la regista ne ha tratto una sorta di librino... più che altro sono appunti retrospettivi di preparazione e ricerca in vista del film... - si tratta di un documentario atipico ( nell’accezione migliore del termine) delicato e poetico, struggente e bellissimo e che ha avuto una buona circolazione ( pochissimo al cinema, piuttosto in qualche cineclub ai tempi ancora aperto, in importanti festival cinematografici) ma diversi anni fa. Io lo vidi infatti nel [...] Leggi tutto...
Da anni, pur occupandomi professionalmente di altro (sono una guida turistica) leggo libri di psicologia e psichiatria. I motivi sono vari, mi interessa comprendere meglio i disagi e le problematiche che coinvolgono persone sensibili e particolarmente empatiche, che spesso si accollano i dispiaceri del mondo in cui viviamo. Nella mia storia personale ho conosciuto tanti amici che hanno lottato per uscire da malattie psichiatriche varie (soprattutto bipolarismo e depressione maggiore) e [...] Leggi tutto...
Il salto (Sarah Manguso, NN Editore 2017, traduzione Gioia Guerzoni) è il memoir di una ricerca, quello di Sarah Manguso: del motivo per cui il suo amico Harris si è tolto la vita, e di una consolazione al dolore. “Harris […] aveva camminato per dieci ore prima di gettarsi di fronte al bagliore sui binari. Non importa se mi aveva pensato, se avrebbe voluto chiamarmi, se gli ero mancata, se era arrabbiato con me, ma è impossibile non cercare di entrare nella scatola nera di una mente [...] Leggi tutto...
Consiglio L’uomo che trema di Andrea Pomella, un racconto autobiografico che esplora il vissuto e la quotidianità di una persona affetta da depressione maggiore. Il romanzo fa emergere, tra le altre cose, la difficoltà di ottenere una diagnosi che non sia sbrigativa, l’impotenza e il coraggio di chi si trova a dover affrontare la sofferenza altrui, l’"ordinaria" difficoltà di stare al mondo per chi convive con un disturbo mentale grave. Andrea Pomella, L’uomo che trema, Einaudi Leggi tutto...
Libro umano, sincero, profondo, e scritto bene da uno psichiatra di grande esperienza. Faccio lo psicologo psicoterapeuta da quaranta anni. Il suicidio di un paziente, di una paziente, è insieme il nostro timore più grande, il senso di una disfatta a due, accompagnato da mille domande, da paura: cosa diremo a chi ci chiederà perché? Muove moltissimi sentimenti dolorosi, ed è bene accoglierli. Mettiamo in dubbio tutto: come mai non sono riuscito ad aiutare, cosa ho sbagliato, cosa non ho visto? Ho seguito in terapia due colleghe che hanno vissuto questa esperienza, ed è un lutto pieno di domande, di rimorsi, di sensi di colpa. Persone brave, responsabili, non certo come quella psichiatra che ha detto: ah, era il primo che ti capitava, sottintendo che poi ci si abitua. Che rimozione. Non mi è ancora capitato, e dico ancora perché quel poco che ho capito il suicidio è una categoria che contiene tante cose diverse, anche la scelta, come nel caso di Monicelli, mi pare di capire. Ma c’è sempre anche l’inspiegabile. Paolo Milone, ne L’arte di legare le persone, da psichiatra di prima linea, ne ha vissuti diversi. Riporta un episodio delle sue prime esperienze. Un vecchio psichiatra gli aveva detto: spesso non è un atto volontario; notando la sua aria dubbiosa disse solo: vedrai. E Milone vede: racconta perfino il caso di una paziente che nel ritrovarsi all’ospedale con diverse fratture chiedeva: cosa è successo; Il libro è intenso e si rivolge a tutti noi, non solo agli addetti ai lavori. Chi frequenta da vicino la psiche, sempre più ne incontra la vastità. Importante. Mi sembra che sia importante guardarsi dentro e aiutatere chi resta, rispettando il mistero della scelta, quando non ci siano precise responsabilità di chi non ha vigilato.
• Paolo Milone, L’arte di legare le persone, Einaudi(segnalato da Andrea Bocconi)
Abbassa il cielo e scendi è un libro forte, poetico e spietato; un romanzo salmodiante, colmo di religiosità laica, consapevole di come storia personale e grande Storia non sempre si intersechino quando si parla di disabilità, perché le persone con gravi disturbi mentali rimangono sempre ai margini della vita, in una sorta di eterno presente, senza passato e senza futuro. La malattia mentale di Bruno, fratello dell’autore, nelle pagine del romanzo fa da controcanto a cinquant’anni di storia d’Italia, spaziando dal periodo della miseria del dopoguerra alla vigilia della pandemia. Il narratore racconta i primi fallimenti di Bruno espulso dal seminario, le sue avventure in un improbabile servizio militare, il lavoro come impiegato comunale, fino a giungere alla condizione di malato di schizofrenia e cioè al ruolo di «pietra scartata». «Dei matti una volta spariti dalle loro case, non se ne parla più”, scrive Boatti. Invece il suo romanzo quante cose la cosiddetta follia può insegnare alla nostra saggezza.
• Giorgio Boatti, Abbassa il cielo e scendi, MondadoriVincitore del Premio Alessandra Appiano
Per tre lunghi anni Angelantonio è stato ospite della struttura psichiatrica Casa delle farfalle, con sé porta il libro che ha scritto sulla follia standoci dentro, e ora c'è un fuori che lo aspetta. Il tempo ha lasciato segni profondi, sui suoi genitori improvvisamente anziani da cui fa ritorno, sul platano che aveva adottato quando era ragazzo, in una società che adesso lo guarda con sospetto perché "è stato lì". Non sempre si comprende ciò che è vitale, ma c'è una fragilità che accomuna tutti - matti e sani, buoni e cattivi - che parla una lingua misteriosa, e dice parole che Angelantonio dovrà imparare insieme a chi incontrerà. In Ombra mai più Redaelli continua il suo racconto sulla follia del mondo e la saviezza dei folli, sul rimosso della nostra società, e lo fa con il suo tatto, la sua poesia, la sua inconfondibile scrittura.
• Stefano Redaelli, Ombra mai più, Neo EdizioniLibro presentato da Daniele Mencarelli nell’ambito dei titoli proposti dagli Amici della domenica al Premio Strega 2023
Libro proposto da Paolo Cognetti al Premio Strega 2023:
«Si tratta di un memoir sulla perdita – per suicidio – di una persona amata, sul dolore, il senso di colpa e la solitudine che ne derivano,
tra i più intensi e nitidi che io abbia letto. È anche un testo sul potere salvifico della scrittura, e uno di quei libri che danno un senso e un compimento
all’intero percorso di un autore, come se fossero lì ad aspettarlo fin dall’inizio. È come se Matteo avesse scritto per venticinque anni per prepararsi a questo libro,
per essere in grado di scriverlo. Il risultato è un racconto che riesce a essere allo stesso tempo crudo e gentile, osceno e pudico, tragico e ironico,
mantenendo una tensione e una grazia che sono solo dei veri scrittori.»
Quando torni io non ci sarò già più." Sono le ultime parole di S. a Matteo, pronunciate al telefono in un giorno d'autunno del 1998. Sembra una comunicazione di servizio, invece è un addio. S. sta finendo di portare via le sue cose dall'appartamento di Matteo dopo la fine della loro storia d'amore. Quel giorno Matteo torna a casa, la casa in cui hanno vissuto insieme per sette anni, e scopre che S. si è tolto la vita. Mentre chiama inutilmente aiuto, capisce che sta vivendo gli istanti più dolorosi della sua intera esistenza. Da quegli istanti sono passati quasi venticinque anni, durante i quali Matteo B. Bianchi non ha mai smesso di plasmare nella sua testa queste pagine di lancinante bellezza. Nei mesi che seguono la morte di S., Matteo scopre che quelli come lui, parenti o compagni di suicidi, vengono definiti sopravvissuti. Ed è così che si sente: protagonista di un evento raro, di un dolore perversamente speciale. Rabbia, rimpianto, senso di colpa, smarrimento: il suo dolore è un labirinto, una ricerca continua di risposte – perché l'ha fatto? –, di un ordine, anche solo di un'ora di tregua. Per placarsi tenta di tutto: incontra psichiatri, pranoterapeuti, persino una sensitiva. E intanto, come fa da quando è bambino, cerca conforto nei libri e nella musica. Ma non c'è niente che parli di lui, nessuno che possa comprenderlo. Lentamente, inizia a ripercorrere la sua storia con S. – un amore nato quasi per sfida, tra due uomini diversi in tutto –, a fermare sulla pagina ricordi e sentimenti, senza pudore. Ecco perché oggi pubblica questo libro, perché allora avrebbe avuto bisogno di leggere un libro così, sulla vita di chi resta. Ma c'è anche un altro motivo: "In me convivono due anime" scrive, "la persona e lo scrittore". La persona vuole salvarsi, lo scrittore vuole guardare dentro l'abisso. Per vent'anni lo scrittore che c'è in Matteo ha cercato la giusta distanza per raccontare quell'abisso. E quando si è trovato nel punto di equilibrio, da lì, da quella posizione miracolosa, ha scritto queste parole, che, seppur lucidissime, sgorgano con la forza e la naturalezza dell'urgenza. Ciò che stiamo consegnando nelle mani di chi legge è un dono, sì, ma un dono di straordinaria gravità. Eppure, ognuna di queste pagine contiene un germe di futuro, la testimonianza di come, persino nelle pieghe di un dolore indicibile, la scrittura possa ancora salvare.
• Matteo B. Bianchi, La vita di chi resta, Libri Mondadori (segnalato da stellina1964)Se proprio siete determinati a farlo, se non vedete alternative possibili alla vostra fine, bene, concedetevi ancora un paio d’ore e date un’occhiata a “Piccoli suicidi tra amici” di Arto Paasilinna, ex guardiaboschi, ex giornalista, ex poeta, che apre il suo libro con una serissima dedica proverbio: “In questa vita la cosa più seria è la morte; ma neanche quella più di tanto”. Parola di uno scrittore finnico che vi farà schiantare dalla sua serissima leggerezza: “Il più formidabile nemico dei finlandesi è la malinconia, l’introversione, una sconfinata apatia. Il peso dell’afflizione è tale da indurre parecchi finlandesi a vedere nella morte l’unico sollievo. La malinconia è un avversario più spietato dell’Unione Sovietica”. E allora, perché no, non costituire anche noi la Libera Associazione Morituri Anonimi e partire a bordo del lussuoso pullman Saetta della Morte per un viaggio da un capo all’altro dell’Europa alla ricerca del migliore strapiombo da cui lanciarsi nel vuoto?
• Arto Paasilinna, Piccoli suicidi tra amici, Iperborea (segnalato da Vito)Imparare a camminare, da bambini, è compiere un’impresa gigante; ed è qualcosa che siamo convinti non dimenticheremo mai più, un po’ come si dice dell’andare in bicicletta. Invece, ciò che non sappiamo è che dovremo imparare ancora tante, tante volte a camminare (che, per dirla con Marcela Serrano, è un verbo che presuppone movimento): imparare a camminare con una perdita. Nel suo romanzo da me più amato, Peter Cameron lo espone in modo icastico, terragno e toccante: "Ci sono cose che si perdono e non tornano indietro; non si possono riavere mai più, se non nella carta carbone della memoria. Ci sono cose a cui sembra impossibile rassegnarsi ma a cui rassegnarsi è inevitabile. Lo scorrere dei giorni leviga il dolore ma non lo consuma: quello che il tempo si porta via è andato, e poi si resta con un qualcosa di freddo e duro, un souvenir che non si perde mai. Un piccolo bassotto di porcellana delle White Mountains. Una marionetta del teatro delle ombre di Bali. E guarda: un calzascarpe d'avorio di un hotel a quattro stelle di Zurigo. E qua, come un sasso che porto ovunque, c'è un pezzetto di cuore altrui che ho conservato da un vecchio viaggio”.
• Peter Cameron, Il weekend, Adelphi 2013, traduzione di Giuseppina Oneto. (segnalato da Sarah)“La vita cambia in fretta. La vita cambia in un istante. Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita.” Joan Didion racconta la perdita improvvisa, istantanea del marito John, e da lì nasce l’istinto di risalire la corrente dei ricordi inseparabili, degli anni trascorsi in simbiosi, ma anche l’istinto di intercettare i segni che qualcosa sopravvive alla perdita, la prova che tra passato e futuro non c’è un muro invalicabile. L’anno del pensiero magico è quello in cui la vita pare parlarci al di là della ragione, e il cuore è in ascolto. Ma poi? Quando la vita cambia, osserva Joan Didion in questa autobiografia del dolore, anche a noi tocca la stessa sorte.
• Joan Didion, L’anno del pensiero magico, Il SaggiatoreJonathan Franzen parte per uno sperduto isolotto a largo delle coste cilene; in quei giorni di scoperta della natura selvaggia e assoluta solitudine ha con sé una copia di Robinson Crusoe e una manciata delle ceneri dell’amico fraterno David Foster Wallace, che la vedova di David gli ha chiesto di disperdere nell’oceano. Interrogandosi a lungo sulle ragioni del suicidio del suo gemello diverso, Franzen oscilla tra la rabbia, il rimpianto, il dolore e perfino l’invidia. A un tratto è colto da un’illuminazione. Il suo interesse per l’osservazione degli uccelli rari è la ragione che lo protegge dall’idea della morte, David invece non aveva nulla di simile nella sua vita, nulla che lo interessasse a parte il proprio lavoro di scrittore. E qui si tocca un punto nodale della sindrome depressiva nelle personalità artistiche: l’incapacità di uscire da sé, l’essere tutt’uno con la propria ossessione.
• Jonathan Franzen, Più lontano ancora, Einaudidi Paolo Del Debbio
Perché proprio oggi, in questa epoca della nostra storia, è importante ritornare sul contributo dello “psicologo dei lager”, il neurologo, psichiatra e filosofo viennese Viktor Frankl (1905-1997)? La questione ha una parola: si chiama senso della vita. Occorre tornare a Viktor Frankl, per il semplicissimo motivo che ciò di cui abbisogna il nostro mondo è esattamente il senso della vita. Dispersi, frastagliati, senza radici, la generazione di internet perché dovrebbe interrogarsi sul senso se tutto si gioca in superficie? Il senso chiede di immergersi e, attraverso l’immersione, andare oltre. Anche perché quando arrivano quelle che Karl Jaspers chiamava le “situazioni-limite” della vita: la sofferenza, la morte, le asperità forti della vita, la mancanza di senso si fa viva anche se non se ne conosce il nome, anche se – genericamente-, la chiamiamo depressione. Insomma, nell’epoca che più ha smarrito il senso, questo è ciò di cui meno si parla. E arriva la chimica che può aiutare a liberare uno spazio nell’anima, nella psiche, ma una volta liberato – come insegnava Frankl – rimane vuoto. Vuoto di senso. “Il medico -scrive Frankl – deve avere coscienza del bisogno che l’uomo ha di dare un significato alla propria vita. Ma alla nostra epoca, epoca di dubbio sul senso della vita, è più che mai necessario che egli resti ben cosciente – ed aiuti il suo paziente a prendere a sua volta coscienza di ciò – che la vita non cessa di avere un significato, neppure in mezzo alle sofferenze, anzi è proprio la sofferenza ad offrire possibilità di realizzare il significato più elevato, il valore più alto possibile.” Frankl, prima di scrivere queste cose, era passato da quattro campi di concentramento, tra i quali Auschwitz e Dachau. Aveva, cioè, sperimentato una delle peggiori esperienze nelle quali si era manifestato il mysterium iniquitatis nel XX secolo. Ci aveva vissuto in mezzo e da lì aveva imparato che senza il senso la vita non ha un orizzonte di possibilità, ma solo di angoscia.
• Viktor E. Frankl, Alla ricerca di un significato della vita. Per una psicoterapia riumanizzata, MursiaLa depressione: una malattia genetica, una malattia rimossa e subdola, una malattia curabile ma potenzialmente letale. Una malattia che aggredisce chiunque, quale che sia il censo la cultura e l’età, dove la sensibilità del singolo malato è una variabile fondamentale, ma particolarmente insidiosa quando è connessa al talento artistico e creativo. Questo è il libro che ogni affetto da depressione e ogni familiare dovrebbe leggere prima di tutti gli altri per comprendere quanto la consapevolezza possa essere decisiva nella cura. Per combattere il male oscuro la prima cosa da fare è illuminare l’oscurità. La diagnosi, i trattamenti, i soggetti a maggior rischio, l’analisi dei traumi… l’intervista di Serena Zoli al professor Giovanni Battista Cassano tocca tutti i punti fondamentali della sindrome, come un filo di Arianna dipanato nel labirinto, e alla fine della lettura si esce confortati, in grado di agire.
• Giovanni Battista Cassano con Serena Zoli, E liberaci dal male oscuro, TeaSolo chi ci è passato può capire cos’è la depressione, e fino a che punto chi non ci è passato, per quanti sforzi faccia, sia portato a equivocare la gravità di questa perfetta tempesta di tenebre. Crollo dell’autostima, senso della perdita, desiderio divorante di oblio: “E’ impossibile dubitare del fatto che la depressione, nella sua forma estrema, è pazzia.” William Styron rivede alla moviola il film della sua malattia, l’inesorabile progressione del dolore, l’impossibilità di comunicarne gli effetti anche agli specialisti a cui si è rivolto. Styron narra l’inferno e vi trascina il lettore con la forza del grande romanziere, solo che questa volta il protagonista è se stesso.
• William Styron, Un’oscurità trasparente, MondadoriDove tutti voltano la testa, Fuani Marino ha guardato negli occhi il suo male di vivere e ha scritto questo racconto in presa diretta dai luoghi più oscuri del sé, a partire dal momento in cui un incontenibile disturbo psichiatrico, all’indomani del parto, la spinge a tradurre in gesto la fine della sua vita, una fine a lungo vagheggiata. Scritto metà col sangue e metà con la ragione, senza remore e senza sconti, Svegliami a mezzanotte è un libro inclassificabile, dove narrazione, memoir, autoanalisi e riflessione saggistica si scambiano le parti attraverso una lingua limpida e asciutta. Come il dolore della mente possa diventare annullamento del corpo, ma anche il prima e il dopo, alla ricerca di un equilibrio sempre inseguito, mai raggiunto una volta per tutte.
• Fuani Marino, Svegliami a mezzanotte, EinaudiIn questa autobiografia tessuta di memorie rapsodiche e echi letterari il grande terapeuta Eugenio Borgna nel rivocare le tappe della sua vita ribadisce la propria visione della psichiatria come scienza dell’anima, in contrasto con la tendenza prevalente della medicina tout court, “oggi sempre più affascinata e divorata dalla tecnica.” Una psichiatria emozionale, fenomenologica, basata sull’ascolto, il dialogo, l’empatia, la ricerca dell’indicibile che si nasconde nella vita interiore dei pazienti, e senza la quale ogni cura farmacologica si rivela insufficiente, disumanizzante. Vertiginose le pagine finali che si interrogano sull’intreccio tra vita e morte, e sugli abissi di chi arriva a tentare il suicido: “Ci si uccide quando non si ha più speranza, o quando non resta se non la speranza della morte?”
• Eugenio Borgna, Il fiume della vita - Una storia interiore, Feltrinelli“Il suicidio è un atto conscio di auto-annientamento, meglio definibile come uno stato di malessere generalizzato in un individuo bisognoso che, alle prese con un problema, considera il suicidio come la migliore soluzione”. Questa definizione di Edwin Shneidman è il punto di partenza del saggio di Maurizio Pompili, medico psichiatra, tra i più eminenti suicidologi al mondo: “Coloro che pensano al suicidio (o che tragicamente si suicidano) vogliono vivere, ma dopo un lungo meditare sono giunti alla conclusione che la loro sofferenza, per diverse ragioni. non possa avere fine.” Perché? Pompili offre un’analisi del suicidio quale fenomeno complesso, che va compreso alla luce di fattori biopsicosociali, ambientali e socioculturali non prevedibile nemmeno da chi lo compie, per cui la valutazione degli individui “a rischio” deve poter basarsi su quante più informazioni possibili: “Gli individui che hanno intenzione di suicidarsi vogliono assolutamente essere salvati ma il desiderio di vivere e quello di morire sono in equilibrio precario.” L’ultima parte del libro è dedicata ai survivors che hanno perso un loro caro per suicidio, la più grande comunità di vittime nell’area della salute mentale. La ricerca del perché è un processo lungo, precisa Pompili, il tempo da solo non è sufficiente all’elaborazione della perdita, è fondamentale poter contare su professionisti capaci di interagire con il survivor. Sulle orme di Shneidman, il saggio include un elenco degli otto passi decisivi nella postvention, e sottolinea l’importanza di programmi specifici anche per i survivors.
• Maurizio Pompili, La prevenzione del suicidio, il Mulino, 2020 (segnalato da Valeria Camia)