Anche la logoterapia fondata da Viktor Frankl, il grande psichiatra viennese sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti, va nella stessa direzione, fino a diventare una interpretazione di ogni esistenza umana in qualunque circostanza. Per Frankl chi piomba nella sindrome maniaco-depressiva è un essere umano che ha smarrito il significato della propria vita, quella volontà di significato che è la prima forza di motivazione dell’uomo. Al di là delle evidenze genetiche e neurochimiche, quel che chiamiamo sindrome depressiva nasce da una profonda crisi esistenziale elevata all’ennesima potenza. Di conseguenza, la logoterapia si basa sulla parola, sull’ascolto e sull’analisi della vita interiore. Se non si riesce a far ritrovare al depresso il significato della propria esistenza, e il valore della vita in sé, ogni altra terapia rischia di rivelarsi insufficiente.
L’interesse di un uomo per l’utilità della vita e la sua sofferenza è una preoccupazione esistenziale e non certo una malattia mentale. Interpretando la prima in funzione della seconda, un terapeuta può finire per seppellire la disperazione esistenziale del suo paziente sotto un mucchio di medicine tranquillizzanti. In realtà, è suo compito guidare il paziente attraverso le sue crisi esistenziali di crescita e sviluppo.
Viktor E. Frankl